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LA TRINCEA, INSUBORDINAZIONE E AUTOLESIONISMO 

Sul piano tecnico, la trincea fu la vera protagonista del conflitto: la vita monotona che vi si svolgeva era interrotta solo da grandi e sanguinose offensive, prive di risultati decisivi.
Da ciò, soprattutto nei soldati semplici, uno stato d’animo di rassegnazione e apatia che a volte sfociava in forme di insubordinazione. 
Una trincea sull'IsonzoLa visione eroica e avventurosa della guerra, infatti, restò prerogativa di alcune esigue minoranze di combattenti, come le truppe d’assalto (Sturmtruppen) tedesche o gli arditi italiani; per tutti gli altri la guerra era una dura necessità. 
I soldati la combattevano per solidarietà con i propri compagni, ma anche perché vi erano costretti dalla presenza di un apparato repressivo, spietato nel punire ogni forma di insubordinazione. 
Si diffusero tuttavia, nonostante le minacce del plotone di esecuzione, la diserzione o addirittura l’autolesionismo, consistente nell’infliggersi volontariamente ferite e mutilazioni per essere dispensati dal servizio al fronte. 
In altre occasioni ci furono casi di ribellione collettiva, scioperi militari o ammutinamenti, che avvennero un po’ dappertutto. 

[Vegezzi, Parenti Legnani, Lineamenti di Storia, Zanichelli, Bologna 1978]