Shock&Awe: è già un logo
Per
prima si è mossa Sony. Il motto "colpisci e terrorizza"
le piaceva così tanto che ha cercato di impadronirsene. Con
esso ha intenzione di lanciare un videogioco di guerra di sicuro
richiamo, vista la pubblicità che circonda quel nome. Anche
altre imprese hanno fatto lo stesso ragionamento e hanno chiesto
all'ufficio dei brevetti Usa di poter registrare, a proprio nome,
il nome della guerra, per renderla commerciale. Peccato sprecare
la guerra, un evento con una copertura televisiva fantastica. Una
varia umanità quella dei pretendenti: un'impresa di fuochi
d'artificio, un fabbricante di pesticidi, una marca di guantoni
da box; e poi un fabbricante di costumi da bagno e altri di palloni
per la pallacanestro, magliette, stoviglie. La guerra è tua,
dicono questi buoni industriali all'America. Ma, per favore e nel
rispetto del libero commercio, ce ne dai un pezzettino?
Sembra
cattiva letteratura e invece è vita. Uno vede la guerra,
con tutte le distruzioni e i corpi che si lascia dietro, come un
videogame; e vuole convincere un pubblico vasto e indifeso, che
la guerra è un vivido, emozionante videogame. C'è
un altro pretendente che pensa a scarafaggi e formiche da sterminare
facilmente come fossero iracheni; un altro vuol farla fuori a pugni.
Poi c'è quello che si ricorda ancora del successo del bikini,
atomica a due pezzi, mezzo secolo fa, e vuole ripeterne i fasti;
e poi un altro che vuole dare un nome speciale alla bomba, nel canestro
da tre punti. Poi le magliette e i piatti: che spettacolo vestirsi
con la guerra, mangiare la guerra!
Sharon
March, portavoce dell'ufficio brevetti di Washington, che è
proprietario (con il Pentagono) di questo elegante lascito di guerra,
ci informa che i pretendenti a "colpisci e terrorizza",
sono quindici. Il Pentagono che ha ideato l'indovinatissimo slogan,
in prima battuta, è contrario a cederlo. Non si strappano
così le ali alla nostra vittoria, fanno capire. I diritti
saranno eventualmente ceduti a una casa americana, in omaggio al
buy american (o compra americano), riletto in salsa irachena. Potrebbe
essere un ottimo slogan per Halliburton o per Bechtel o per Fluor
, tutte multinazionali a stelle e strisce che si stanno contendendo
il dopoguerra e le sue grasse commesse.
La guerra
è nostra, nostre le distruzioni, saremo noi a dividerci gli
affari della ricostruzione e anche gli annessi e connessi - compreso
il motto vincente - li gestiremo noi. La nostra guerra non sarà
usata per rilanciare le imprese dei giapponesi che si sono chiamati
fuori o, peggio, degli europei, tedeschi o francesi, traditori e
pacifisti. Ma Sony, in seconda battuta, potrebbe far valere la sua
bravura nell'azione preventiva, amatissima dal segretario alla difesa
Donald Rumsfeld che l'ha inventata.
Sharon
March, sempre lei, testimonia che Sony ha presentato la sua richiesta
fin dal 21 marzo, il giorno dopo lo scoppio della guerra contro
l'Iraq, per assicurarsi i diritti di brevettare il motto shock and
awe, in italiano "colpisci e terrorizza"prima di tutti
gli altri rivali. E per muoversi il 21 marzo, occorreva una preparazione
preventiva quando ancora la guerra non c'era. Gli avvocati specialisti
in brevetti e gli strateghi di mercato di Sony si sono mossi di
conserva ai generali del Pentagono, guardando da quella parte, puntando
al dividendo di guerra.
Intanto
in qualche altro reparto, ai videogiochi, ma anche alla fabbrica
dei costumi, al reparto pesticidi, alla fabbrica di piatti e di
magliette, il capitalismo si rimette in moto. E' convinto che la
guerra sia un buon prodotto, vendibile e che milioni di persone,
noi del Nord, ricominceremo a comprare.
GUGLIELMO RAGOZZINO (il manifesto - 12 Aprile 2003)
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