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Noi sappiamo bene che il disegno, la pittura e tutte le arti di imitazione hanno saputo trarre profitto dalla cattura immediata delle forme attraverso la lastra sensibile. Sin da quando, mediante questa fissazione, divenne possibile soffermarsi a piacere sulla figura e gli esseri in movimento, molti errori di osservazione poterono essere constatati: ci si accorse di tutto quel che d'immaginario c'era nel galoppo dei cavalli e nel volo degli uccelli che gli artisti fino a quel momento avevano creduto di cogliere. La fotografia abituò gli occhi ad aspettare ciò che debbono vedere, e dunque a vederlo: ed essa li istruì a non vedere quel che non esiste, e che vedevano molto bene prima di essa. Ma, al contrario, il possesso di questo mezzo per riprodurre le apparenze della natura e della vita con un semplice sforzo di energia fisica, non sembra affatto che abbia prodotto per le lettere un effetto sicuro e un vantaggio notevole. È sembrato persino, innanzitutto, che la meravigliosa invenzione potesse tendere a diminuire l'importanza dell'arte di scrivere e a sostituirsi ad essa in molte occasioni, piuttosto che offrirle nuove risorse o insegnamenti di gran pregio. Il grado di precisione al quale il linguaggio può pretendere, quando lo si vuole impiegare per dare l'idea di qualche oggetto della vista, è quasi illusorio. Come dipingere un luogo o un volto, per quanto abili siamo nel nostro mestiere di scrittori, in modo tale da evitare che ciò che potremmo scrivere non suggerisse visioni diverse da quelle che avremmo da lettori? Aprite un passaporto e il problema è immediatamente risolto: i dati segnaletici che vi si scrivono non sopportano confronti con la prova che vi si fissa accanto. Così l'esistenza della fotografia ci spingerebbe piuttosto a smettere di voler descrivere ciò che si può, per se stesso, iscrivere; e bisogna pur riconoscere che, in effetti, lo sviluppo di questo procedimento e delle sue funzioni, ha come conseguenza una specie di contrazione progressiva della parola a vantaggio dell'immagine. Si direbbe anche che l'immagine, nelle pubblicazioni, è così gelosa di soppiantare la parola che le sottrae alcuni dei suoi vizi più fastidiosi: facilità e prolissità. Oserò aggiungere che la fotografia talvolta ardisce praticare la menzogna, grande e sempre fiorente specialità della parola? Bisogna dunque convenire che il bromuro prevale sull'inchiostro in tutti i casi in cui la presenza stessa delle cose visibili basta a se stessa, parla per sé sola, senza l'intennediario di uno spirito che si interpone cioè senza il ricorso alle trasmissioni assolutamente convenzionali di un linguaggio. |
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