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IL COLLODIO UMIDO

Il procedimento del collodio umido utilizzava un negativo di vetro. La lastra veniva sensibilizzata prima dell’ esposizione immergendola in una soluzione di nitrato d'argento. Questo procedimento fu inventato dal fisico francese Claude Félix Abel Niepce de Saint-Victor. Nel 1851, l’inglese Frederick Scott Archer, rese pubblico il procedimento al collodio umido. Utilizzando una lastra di vetro, spalmata di collodio e sensibilizzata d’argento, si otteneva un negativo su vetro più facile da stampare rispetto ai negativi di carta. La qualità del collodio era superiore a quella della calotipia e la sensibilità era paragonabile a quella del dagherrotipo. I fotografi avevano bisogno di disporre la camera obscura nelle vicinanze, perchè i negativi dovevano essere esposti e trattati umidi, quindi di preparare le lastre prima dello scatto e svilupparle subito dopo. Si crearono così delle camere obscure “portatili”. L’uso del collodio umido era riservato ad uso strettamente professionale.

LA FONTE
Rielaborazioni di Nicole Camerlino da Mario Prassone, Breve storia della fotografia. Biblioteca Civica “Farinone Centa”, Varallo Sesia, Vercelli 2007.
DIZIONARIO.
RIEPILOGO

Il procedimento al collodio umido utilizzava:
  • un negativo di vetro
  • Camere Obscure portatili, perchè i negativi dovevano essere esposti e trattati umidi
  • Era più facile da stampare, rispetto ai negativi di carta
  • consentiva un uso strettamente professionale.